Category: Credito e investimenti

venerdì 19 marzo 2010

Sgr, il Fondo Italiano di investimento per le PMI


E’ stato presentato ieri a Milano, alla presenza del ministro Giulio Tremonti e degli esponenti dei più importanti gruppi bancari, il Fondo italiano di investimento per le Pmi Sgr. “E’ la cosa giusta nel momento giusto, fatta nel modo giusto”, ha detto il ministro tenendo a battesimo la nascita della Sgr (società di gestione del risparmio) che avrà il compito di gestire questo fondo con l’obiettivo di sostenere la capitalizzazione e l’aggregazione delle piccole e medie imprese italiane.

Il fondo parte con una dotazione finanziaria di 1 miliardo di euro ma l’obiettivo è di arrivare fino a 3 miliardi. La società che gestirà il fondo di private equity vede tra i suoi soci sia soggetti pubblici che soggetti privati: l’Associazione degli Industriali, l’Abi, la Cassa Depositi e Prestiti, le banche Monte dei Paschi di Siena, Intesa SanPaolo e Unicredit. Tutti avranno spazio all’interno del consiglio di amministrazione che conterà undici componente, tre dei quali indipendenti. Presidente del fondo è stato nominato l’economista Marco Vitale, mentre l’ad è Gabriele Cappellini.

Il Fondo, ha spiegato la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, si rivolge ad un bacino potenziale di 15mila aziende sparse nel territorio, delle quali il 70% appartiene al settore manifatturiero. La Marcegaglia ha tenuto a sottolineare come questo non sia da considerare “uno strumento per salvare le imprese in crisi” ma per “affiancare le imprese, aiutarle a diventare più forti e ad affrontare le sfide”. Secondo il leader di Confindustria, è uno “strumento al quale abbiamo creduto fortemente e nasce nel momento giusto» dato che ci troviamo davanti a “una congiuntura difficile” che ha bisogno di un “cambiamento strategico nel modo di fare impresa”. E’ per questo motivo che “per parte delle imprese italiane aumentare il capitale o aggregarsi è fondamentale”. Per ultimo, la Marcegaglia ha spiegato che il Fondo non si rivolge solo alle imprese del Nord ma avrà una particolare attenzione anche verso quelle del centro e del sud Italia.

Il Fondo che sarà rivolto alle aziende con un fatturato compreso tra fra i 10 e i 100 milioni di euro, avrà una durata complessiva fino a 14 anni: 5 anni per l’investimento, 5 anni per il disinvestimento, oltre a eventuali 2 anni di proroga per ciascuna fase. Ogni possibile investimento a favore delle Pmi sarà valutato in base a diversi elementi chiave, quali il merito del piano industriale, il progetto di sviluppo e la capacità del management di portarlo a termine.

mercoledì 25 febbraio 2009

Brand Girl, il blog che mette in contatto imprese e consumatrici

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Brand Girl è un nuovo sito (il cui lancio è previsto verso la metà del 2009) che si promette di mettere in contatto le imprese ed i marchi produttori e i consumatori.

Una newsletter mensile, oltre agli articoli pubblicati sul blog, si occuperà di tenere in costante aggiornamento i suoi iscritti circa le ultime novità di prodotto in termini di stile, benessere, arredamento, tecnologia e viaggi. Questo sarà possibile perchè i produttori partner manderanno a Brand Girl campioni ed esempi dei nuovi prodotti, i quali verranno recensiti sul blog . I lettori potranno quindi, oltre a commentare le varie recensioni, partecipare a concorsi che metteranno in palio i prodotti stessi. Per finire, un tocco “etico”: i vincitori dei prodotti potranno infatti scegliere se tenere per sè i premi vinti oppure donarli in beneficienza.

Un’idea questa che si propone di uscire dai tradizionali meccanismi promozionali (in grande affanno oggi) e di sfruttare le potenzialità del web e delle sue comunità. Dal punto di vista delle aziende rappresenta un’interessante opportunità a basso costo per fare promozione in maniera diversa. Per avere successo però, il blog (che si rivolge ad un target specifico, quello delle donne) dovrà essere in grado di risultare autorevole circa le recensioni e di sviluppare una community di utenti sufficientemente ampia ed attiva. Staremo a vedere…

martedì 17 febbraio 2009

Wonga, mini-prestiti in 60 minuti

wonga

Con la tecnologia che rende il mondo sempre più veloce e una crisi economica dilagante, una start-up inglese ha deciso di portare questa velocità nel mondo dei micro-finanziamenti. Si chiama Wonga, opera solo online ed offre un servizio di piccoli prestiti istantanei (tra 50 e 200 sterline) da ripagare entro massimo 30 giorni.

Attraverso una maschera di ricerca molto intuitiva, gli utenti inseriscono la cifra che vogliono chiedere in prestito e il numero di giorni della durata del prestito, visualizzando immediatamente gli interessi dovuti e la cifra totale da restituire. Una volta accettata la transazione, il denaro viene accreditato sul conto del clienti entro i successivi 60 minuti.

Il meccanismo del sito si avvale anche di un sistema di rating, sul modello di quello di eBay, in cui gli utenti sono valutati in base alla loro affidabilità dimostrata nelle transazioni passate. Più un cliente si sarà dimostrato affidabile e migliori saranno le condizioni del prestito.

Un’idea sicuramente controversa dal punto di vista socio-economico (in una società già largamente indebitata questa potrebbe essere una fonte di problemi per le famiglie: i micro-indebitamenti) ma che dal punto di vista imprenditoriale si dimostra indubbiamente una novità da tenere d’occhio.

venerdì 30 gennaio 2009

Piccola guida all'economia del 21° secolo

(tratta da un articolo di Umair Haque*)

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Preoccupati per il nuovo anno? Ripensateci un attimo. Il 2009 potrà anche apparire fosco e invece proprio in questo anno, coloro che avranno il coraggio, la decisione e la visione di apportare cambiamenti radicali avranno l’opportunità di rilanciare le proprie attività ed entrare con tutti i piedi nel 21° secolo.

E’ infatti in quest’anno che i leader di ogni genere (politici, economici, imrpenditoriali, ecc.) si troveranno di fronte ad un’unica sfida comune: quella di (ri)costruire società ed organizzazioni che generino nuove fonti di benefici, attraverso nuove regole di gestione e un nuovo modo di stare sul mercato.

Ecco perchè – ed ecco come cominciare.

Innanzitutto perchè il domani non sarà più uguale a ieri. Ormai è chiaro che non ci troviamo di fronte ad una semplice recessione: quello che sta avvenendo è piuttosto uno spostamento radicale di quelle che erano state fino a ieri le tendenze di risparmio, consumo ed investimento. Questa “macroapocalisse” rappresenta una rottura del tessuto economico a livello mondiale, che passerà il prossimo decennio a ridefinirsi secondo le nuove condizioni. Non si tratta, insomma, di una delle solite crisi passeggere, quanto piuttosto di una trasformazione strutturale che impone dei cambiamenti a tutti i livelli.

Le imprese del 20° secolo non sono adatte all’economia del 21° secolo. Fino a ieri le imprese erano state pensate ed organizzate per competere in un mondo di iper-consumo, segnato da produzioni artificialmente a basso costo, una competizione di tipo simmetrico e una sostanziale stabilità macroeconomica. Questo fino a ieri. Oggi “l’allevamento” di questi “dinosauri dell’era industriale” sta per essere abbattuto senza pietà, a meno che questi non evolvano fino ad adattarsi in un ambiente economico radicalmente mutato.

I leader del mercato di domani hanno un nuovo DNA. Abbiamo passato tutto l’anno scorso a identificare e monitorare i leaders della prossima generazione –  da Obama a Google, da Zara a Threadless – ed abbiamo osservato una cosa: che appaiono e sono radicalmente diversi perchè sono stati costruiti per l’economia del 21° secolo, non per quella del 20°. Sono organizzati e gestiti secondo le nuove regole; e sono propio queste che fanno la differenza fra chi sopravvive alla macroapocalisse e chi invece ne viene travolto.

Ma quali sono e da dove vengono queste nuove regole? Ecco cinque domande che ogni manager o imprenditore dovrebbe porsi per affrontare il 2009 e le relative risposte che riassumono le nuove regole che abbiamo osservato.

Qual’è il ruolo del marketing in un mondo in cui il consumo rallenta?

Nel 20° secolo il marketing ha svolto una funzione di spinta verso il consumo, attraverso la creazione di un “valore percepito” che differenziava quelli che in realtà altro non erano che rasoi, dentifrici o detersivi tutto sommato simili tra loro. Noi abbiamo invece rilevato che le imprese che creano valore percepito sono significativamente meno redditizie e più vulnerabili di quelle che stanno ripensando il proprio modo di fare marketing per creare “valore reale”.

Qual’è il ruolo della distribuzione in un modo in cui consumi, risparmi e investimenti aumentano la propria volatilità?

Nel 20° secolo, creare o controllare i canali di distribuzione ha rappresentato un vantaggio competitivo forte. Nelle nostre ricerche abbiamo invece riscontrato che le catene del valore veramente redditizie sono quelle che si poggiano su canali bi-direzionali, nei quali le intereazioni e i feedback dei clienti/utenti costituscono il vero valore aggiunto (vedi ad esempio Threadless, la community delle t-shirts).

Quale il ruolo della produzione in un mondo in cui i consumi si trasformano in risparmi?

Nel 20° secolo, le economie di scala hanno portato le grandi multinazionali ad acquisire vantaggi di costo; dall’altro lato hanno riempito gli scaffali di ogni genere di merce. Noi abbiamo invece scoperto che la scarsità paga: le aziende che sono in grado di ridimensionare la propria produzione fino al micro-livello più basso (es.: la produzione di un solo pezzo) sono infinitamente più redditizie. Si pensi a Zara e all’assortimento dei suoi negozi che cambia completamente ogni due settimane (=piccole produzioni velocissime).

Quale il ruolo della strategia in un mondo in cui il successo non è più rappresentato dal vendere più dei concorrenti?

Nel 20° secolo, il pensiero strategico ha aiutato le imprese a “vincere guerre” contro i rivali: e chi era stato più “strategico” era quello che conquistava più quote di mercato. Il 21° secolo richiede invece un ripensamento del concetto di “strategico”, che si deve oggi distinguere da quello che può essere considerato “egoistico”. Si pensi alla anti-strategia di Google, che fornisce tutti i suoi servizi gratuitamente ai propri utenti.

Quale è, infine, il ruolo dell’innovazione in un mondo in cui la gran parte del flusso degli investimenti andrà a cercare di rivitalizzare industrie moribonde?

Nel 20° secolo, l’innovazione ha riguardato la “parte bassa” della catena del valore delle imprese: processi, prodotti e servizi. Per un’impresa del 21° secolo invece, la creazione di nuovo valore sarà possibile solo se l’innovazione sarà praticata anche e soprattutto nella “parte alta”: e quindi nei modelli di business, nella strategia e nei metodi di gestione. Si pensi ad Apple, che ha affiancato alle recenti innovazioni di prodotto (iPod e iPhone) una ridefinizione radicale dei propri modelli distributivi (con iTunes e App Store).

* Umair Haque è direttore del Havas Media Lab, una società di consulenza strategica che aiuta investitori, imprenditori e imprese a progettare e sperimentare nuovi modelli di business e di innovazione strategica.

martedì 28 ottobre 2008

Con il Social Lending il credito personale è online

Il periodo nero delle borse mondiali sta portando alla ribalta un nuovo tipo di credito personale, il Social Lending, una forma alternativa di investimento e credito che si basa sul web e sulla mancanza di intermediari tradizionali. La prima community di Social Lending in Italia, Zopa.it, dopo il lunedì nero delle borse ha avuto un incremento delle iscrizioni pari al 65%, a dimostrazione di quanto il credito tra privati stia acquistando sempre maggiore importanza tra le varie soluzioni disponibili.

Il funzionamento del Social Lending (o prestito sociale, prestito 2.0, prestito peer-to-peer) è molto semplice. L’operazione si svolge tra un prestatore di denaro e un richiedente, i quali si incontrano solo virtualmente su internet attraverso i siti di social lending (in Italia Zopa.it e Boober.it, che è stato il primo servizio di prestito sociale ad aprire nel nostro paese). Chi dispone di somme da investire – si va da un minimo di 500 euro ad un massimo di 15mila – può in questo modo guadagnare una somma molto maggiore rispetto a quella che otterrebbe appoggiandosi ad un istituto di credito. Allo stesso modo, chi ha bisogno di una somma di denaro, con il prestito sociale, lo potrà ottenere a tassi nettamente migliori e concorrenziali. Tutto questo è possibile grazie all’eliminazione delle spese di intermediazione.

Il prestito si perfeziona quando il prestatore di denaro riesce ad ottenere un tasso d’interesse attivo più elevato rispetto a quanto offerto in media da conti correnti e depositi e quando il richiedente, allo stesso modo, si assicura un prestito con un costo inferiore ai tassi medi praticati dagli intermediari del credito.

Secondo le rilevazioni effettuate da Bankitalia, chi chiede un prestito fino a 5mila euro ad una finanziaria deve pagare mediamente un tasso del 16,52%  e per i prestatori il rendimento lordo medio è pari al 7,7%. Inoltre, l’80% di loro si posiziona all’interno di una forbice che va dal 6,5 all’8,4%. I 100 prestatori, invece, che all’interno della community di Social Lending, riescono ad ottenere il rendimento migliore si posizionano addirittura intorno all’11%.

Eliminando gli intermediari tutti i vantaggi restano ai privati, tranne l’iscrizione ed una percentuale (provvigione) che va ai siti dove si incontrano la domanda e l’offerta. Ad esempio, iscriversi a Boober come richiedente costa 19,95€ una tantum sommati ad una commissione sui prestiti erogati che variatra l’1,5% e il 3%, a seconda del rating, dell’ammontare richiesto. Registrarsi come finanziatore costa 9,95€ all’anno più una commissione del 10% sugli interessi percepiti.

Ma che rischi si corrono a prestare denaro a sconosciuti su internet? Il tasso di insolvenza delle operazioni è molto basso (circa 0,5%) grazie agli strumenti di sicurezza usati da questi siti. Ad ogni utente che richiede un prestito viene assegnato un rating (livello di affidabilità). Più il rating è basso, più, in teoria il tasso di interesse (in teoria, perché sono gli stessi utenti a stabilirlo) dovrebbe essere alto per compensare il rischio di chi presta denaro. In ogni caso, nell’eventualità di insolvenza, la società attiva immediatamente un programma di recupero crediti.

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