Category: Finanza

venerdì 30 gennaio 2009

Piccola guida all'economia del 21° secolo

(tratta da un articolo di Umair Haque*)

crystal-ball

Preoccupati per il nuovo anno? Ripensateci un attimo. Il 2009 potrà anche apparire fosco e invece proprio in questo anno, coloro che avranno il coraggio, la decisione e la visione di apportare cambiamenti radicali avranno l’opportunità di rilanciare le proprie attività ed entrare con tutti i piedi nel 21° secolo.

E’ infatti in quest’anno che i leader di ogni genere (politici, economici, imrpenditoriali, ecc.) si troveranno di fronte ad un’unica sfida comune: quella di (ri)costruire società ed organizzazioni che generino nuove fonti di benefici, attraverso nuove regole di gestione e un nuovo modo di stare sul mercato.

Ecco perchè – ed ecco come cominciare.

Innanzitutto perchè il domani non sarà più uguale a ieri. Ormai è chiaro che non ci troviamo di fronte ad una semplice recessione: quello che sta avvenendo è piuttosto uno spostamento radicale di quelle che erano state fino a ieri le tendenze di risparmio, consumo ed investimento. Questa “macroapocalisse” rappresenta una rottura del tessuto economico a livello mondiale, che passerà il prossimo decennio a ridefinirsi secondo le nuove condizioni. Non si tratta, insomma, di una delle solite crisi passeggere, quanto piuttosto di una trasformazione strutturale che impone dei cambiamenti a tutti i livelli.

Le imprese del 20° secolo non sono adatte all’economia del 21° secolo. Fino a ieri le imprese erano state pensate ed organizzate per competere in un mondo di iper-consumo, segnato da produzioni artificialmente a basso costo, una competizione di tipo simmetrico e una sostanziale stabilità macroeconomica. Questo fino a ieri. Oggi “l’allevamento” di questi “dinosauri dell’era industriale” sta per essere abbattuto senza pietà, a meno che questi non evolvano fino ad adattarsi in un ambiente economico radicalmente mutato.

I leader del mercato di domani hanno un nuovo DNA. Abbiamo passato tutto l’anno scorso a identificare e monitorare i leaders della prossima generazione –  da Obama a Google, da Zara a Threadless – ed abbiamo osservato una cosa: che appaiono e sono radicalmente diversi perchè sono stati costruiti per l’economia del 21° secolo, non per quella del 20°. Sono organizzati e gestiti secondo le nuove regole; e sono propio queste che fanno la differenza fra chi sopravvive alla macroapocalisse e chi invece ne viene travolto.

Ma quali sono e da dove vengono queste nuove regole? Ecco cinque domande che ogni manager o imprenditore dovrebbe porsi per affrontare il 2009 e le relative risposte che riassumono le nuove regole che abbiamo osservato.

Qual’è il ruolo del marketing in un mondo in cui il consumo rallenta?

Nel 20° secolo il marketing ha svolto una funzione di spinta verso il consumo, attraverso la creazione di un “valore percepito” che differenziava quelli che in realtà altro non erano che rasoi, dentifrici o detersivi tutto sommato simili tra loro. Noi abbiamo invece rilevato che le imprese che creano valore percepito sono significativamente meno redditizie e più vulnerabili di quelle che stanno ripensando il proprio modo di fare marketing per creare “valore reale”.

Qual’è il ruolo della distribuzione in un modo in cui consumi, risparmi e investimenti aumentano la propria volatilità?

Nel 20° secolo, creare o controllare i canali di distribuzione ha rappresentato un vantaggio competitivo forte. Nelle nostre ricerche abbiamo invece riscontrato che le catene del valore veramente redditizie sono quelle che si poggiano su canali bi-direzionali, nei quali le intereazioni e i feedback dei clienti/utenti costituscono il vero valore aggiunto (vedi ad esempio Threadless, la community delle t-shirts).

Quale il ruolo della produzione in un mondo in cui i consumi si trasformano in risparmi?

Nel 20° secolo, le economie di scala hanno portato le grandi multinazionali ad acquisire vantaggi di costo; dall’altro lato hanno riempito gli scaffali di ogni genere di merce. Noi abbiamo invece scoperto che la scarsità paga: le aziende che sono in grado di ridimensionare la propria produzione fino al micro-livello più basso (es.: la produzione di un solo pezzo) sono infinitamente più redditizie. Si pensi a Zara e all’assortimento dei suoi negozi che cambia completamente ogni due settimane (=piccole produzioni velocissime).

Quale il ruolo della strategia in un mondo in cui il successo non è più rappresentato dal vendere più dei concorrenti?

Nel 20° secolo, il pensiero strategico ha aiutato le imprese a “vincere guerre” contro i rivali: e chi era stato più “strategico” era quello che conquistava più quote di mercato. Il 21° secolo richiede invece un ripensamento del concetto di “strategico”, che si deve oggi distinguere da quello che può essere considerato “egoistico”. Si pensi alla anti-strategia di Google, che fornisce tutti i suoi servizi gratuitamente ai propri utenti.

Quale è, infine, il ruolo dell’innovazione in un mondo in cui la gran parte del flusso degli investimenti andrà a cercare di rivitalizzare industrie moribonde?

Nel 20° secolo, l’innovazione ha riguardato la “parte bassa” della catena del valore delle imprese: processi, prodotti e servizi. Per un’impresa del 21° secolo invece, la creazione di nuovo valore sarà possibile solo se l’innovazione sarà praticata anche e soprattutto nella “parte alta”: e quindi nei modelli di business, nella strategia e nei metodi di gestione. Si pensi ad Apple, che ha affiancato alle recenti innovazioni di prodotto (iPod e iPhone) una ridefinizione radicale dei propri modelli distributivi (con iTunes e App Store).

* Umair Haque è direttore del Havas Media Lab, una società di consulenza strategica che aiuta investitori, imprenditori e imprese a progettare e sperimentare nuovi modelli di business e di innovazione strategica.

giovedì 18 settembre 2008

Lehman Brothers, si poteva prevedere?

Si poteva prevedere e c’è chi lo ha fatto: Beppe scienza ha aggiornato il suo sito, con una nota relativa a Lehman Brothers. La riportiamo perchè come dice lo studioso: “non si trattava di essere profeti: bastava avere un minimo di competenza e, magari, un milligrammo di senso critico.”

obbligazioni Lehman Brothers: a fine 2003 incominciai a riportare in un’apposita scheda (versione del dicembre 2003) alcune obbligazioni indicizzate all’inflazione, fra cui una della Lehman Brother con la seguente testuale precisazione, che mantenni fino all’aggiornamento di inizio agosto 2008:
«Il problema è l’emittente. Lasciamo perdere i vari rating che significano poco: la sostanza del discorso è però chiara. Il puntuale pagamento della OATei 2012 è certo: badare ai rating dello stato francese è superfluo: alla data della scadenza la Francia esisterà e pagherà puntualmente i suoi debiti. Che i fratelli Lehman nel 2013 esisteranno ancora, come società, è invece incerto. Il loro fallimento non implicherebbe certo un bouleversement degli assetti politici mondiali che causerebbe la (inimmagibabile) sparizione della Francia. Conclusione: uno potrebbe anche mettere a cuor leggero tutto il suo patrimonio in OATei, mentre sarebbe un bell’azzardo metterlo integralmente in Lehman Brothers Treasury 10-10-2013».

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lunedì 15 settembre 2008

Crac Lehman Brothers: 613 miliardi di debiti e 6mila licenziamenti

L’ultima vittima della crisi finanziaria statunitense dei mutui subprime iniziata 14 mesi fa è la Lehman Brothers che oggi ha dichiarato ufficialmente fallimento, chiedendo l’amministrazione controllata ex articolo 11 alla “Us Bankruptcy Court”, nel distretto sud di New York. Questa volta né la Fed né il Tesoro Usa hanno deciso di intervenire in soccorso della Lehman Brothers come invece è avvenuto per Fannie Mae e Freddie Mac. Sia Bank of America che Barclays hanno lasciato le trattative considerando la situazione irrecuperabile senza un aiuto del governo. Le autorità americane hanno messo in campo solo delle misure di natura tecnica per allentare i timori ed aumentare la liquidità. La Federal Riserve ha, infatti, predisposto misure per calmierare le regole che consentono l’accesso ai suoi sportelli di sconto. Inoltre ha organizzato un fondo privato “anti-fallimento” da 70 miliardi finanziato da dieci istituti di credito internazionali: Bank of America, Citibank, Barclays, Credit Suisse, Ubs, JpMorgan, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Deutsche Bank e Morgan Stanley.

Lehman  nell’atto di formalizzazione della sua bancarotta ha dichiarato di avere debiti per 613 miliardi di dollari, una somma straordinaria. La Lehman Brothers, fondata 185 anni fa, è la quarta banca d’investimenti di Wall Street. A causa del fallimento verranno licenziati 6 mila dipendenti in Europa compreso il personale delle sedi di Milano (120 persone) e Roma (20) a partire da oggi.

In poco più di un fine settimana Wall Street è stata stravolta e la mappa della finanza mondiale drammaticamente cambiata. Sarà in grado il sistema finanziario americano (e mondiale) a risollevarsi da questa difficile situazione?

mercoledì 18 giugno 2008

Deutsche Bank: in futuro grande successo per gli ETF

Una recente ricerca della Deutsche Bank ha messo in evidenza come la domanda di Exchange Traded Funds (fondi indicizzati quotati) sia in costante crescita e lo sarà ancora di più ne i prossimi anni. Gli ETF sono una particolare categoria di fondi che replicano pedissequamente un indice di mercato e quindi anche il suo rendimento. Le loro quote sono negoziate in Borsa in tempo reale come se fossero azioni, tramite una banca o un intermediario autorizzato. Gli ETF, nati nel 1993, hanno iniziato a raccogliere consensi dal 1998 in poi con dei tassi di crescita degni di nota. Nel 2007, secondo i dati forniti dalla ricerca, gli ‘asset under management’ di questo tipo di titoli sono aumentati del 40,8 per cento, assestandosi alla cifra di 796,6 miliardi di dollari, contro i 565,6 del 2006.

La ricerca ha anche messo in luce quali saranno i motivi del futuro sviluppo e successo di questi strumenti finanziari:

  1. gli investitori finanziari utilizzeranno sempre più gli Exchange Traded Funds, soprattutto dei fondi pensione, che crescono ogni giorno di più;
  2. Saranno gli stessi Fund Manager (coloro che gestiscono il patrimonio di clienti retail ed istituzionali e li consigliano su quale portfolio scegliere) ad incrementare l’uso di ETF in quanto le Società di Gestione del Risparmio, per cui loro mettono a punto le strategie, cercheranno di ridurre i costi delle strategie attive di portafoglio;
  3. Il crescente uso di swap per la replica della composizione degli indici borsistici provocherà un ulteriore innovazione di prodotto. L’uso degli swap favorirà anche una diminuzione dei tracking error degli Etf.

Anche gli investitori retail, e quindi non solo i fund manager, riusciranno a favorire il futuro successo di questi fondi “questo perché – come spiegano da Deutsche Bank – la maggior trasparenza delle commissioni, introdotta dalla direttiva europea Mifid, attrarrà ulteriori flussi di risparmio verso gli ETF ed i fondi di fondi che usano questi strumenti”.

Filed under: Finanza — Tag:, , , , — alessandra @ 11:38