Archivi: febbraio 2010

mercoledì 17 febbraio 2010

Scajola: no incentivi statali ma proposte per Termini Imerese

Termini Imerese

Come era stato preannunciato qualche giorno fa il Governo non rinnoverà gli incentivi auto per il 2010. A comunicarlo è stato il Ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, nell’informativa in Aula al Senato su Termini Imerese. “Gli incentivi – ha fatto sapere il ministro – per loro natura eccezionali e dunque temporanei, non possono però divenire la regola con cui assicurare uno sviluppo stabile e duraturo al settore. Sono un modo per rinviare il problema, non per risolverlo”. E per questo motivo, ha spiegato Scajola “il Governo ha ritenuto che anche in Italia sia giunto il momento di tornare alla normalità del mercato dell’auto, non rinnovando gli incentivi e intensificando invece il sostegno alla ricerca e all’innovazione”.

Il Ministro ha voluto anche sottolineare come sia un errore collegare la “questione degli incentivi al mantenimento di singoli insediamenti produttivi” riferendosi naturalmente alla situazione dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Entrando nel merito dello stabilimento siciliano Scajola ha ribadito come questo sia un problema dell’Italia intera e non solo della Sicilia: “per questo il governo ne sta seguendo le sorti con massimo impegno e sta compiendo ogni sforzo per tutelare una realtà industriale di grande rilevanza sociale per la Sicilia e per l’intero Mezzogiorno, assicurandole un futuro quando Fiat cesserà la produzione di auto nel 2012″.

Per ora sono state presentate 14 proposte di riutilizzo del sito di Termini e presto sarà anche presentata una short list con le iniziative più idonee. Da quanto si evince dalle parole di Scajola sembra che il Governo sia intenzionato a garantire la destinazione industriale dell’area andando a privilegiare tutti quei progetti inerenti al settore automotive. Per quanto riguarda il “settore terziario, multimediale, turistico, agroindustriale e logistico potranno concorrere a supportare i processi di sviluppo dell’area, integrando e non sostituendo l’utilizzo produttivo del sito. Per ampliare ulteriormente la gamma delle possibili soluzioni – ha concluso Scajola – stiamo poi valutando la possibilità di rivolgere un invito internazionale a tutti i soggetti potenzialmente interessati al rilancio industriale dell’area, sottolineando che sono a disposizione 450 milioni di finanziamenti statali e regionali per migliorare le infrastrutture e sostenere la ristrutturazione del polo produttivo”.

mercoledì 03 febbraio 2010

Come aprire un negozio di Commercio Equo e Solidale

Equo solidale

Sono in molti a credere in un approccio diverso al commercio convenzionale ed a un riequilibrio dei rapporti tra i paesi economicamente più sviluppati e quelli meno sviluppati. Il commercio Equo e Solidale cerca proprio di fare questo e si pone come scopo quello di promuovere la giustizia sociale ed economica ed uno sviluppo sostenibile attraverso il commercio. Nonostante i margini di guadagno non siano così elevati, aprire un Negozio di commercio Equo e Solidale è sicuramente un buon investimento per il futuro che, contemporaneamente, non calpesta i diritti dei produttori più svantaggiati proponendo prodotti certificati e di qualità. Nel 2008, inoltre, Altromercato, il maggior importatore italiano, ha aumentato il suo fatturato del 7 cento. Un ottimo risultato in tempo di crisi. Ma come si fa ad aprire una Bottega Equo solidale?

COSA FARE PER APRIRE UN NEGOZIO EQUO E SOLIDALE
La prima cosa da fare per chi vuole aprire un’attività imprenditoriale in questo ambito, è seguire un corso. Li organizza Fairtrade, il consorzio costituito da organismi che operano nella cooperazione internazionale, nella solidarietà e nel commercio equo e solidale. Durante questi corsi vengono fornite informazioni sulla storia del commercio equo, sugli aspetti fiscali e finanziari e sulle tecniche di formazione e comunicazione.

Un negozio equo solidale, infatti, non è un negozio come tutti gli altri. Al suo interno non si vendono solo dei prodotti ma si porta avanti un progetto che deve essere fatto conoscere agli acquirenti. Per poter far ciò prima deve essere assimilato da chi gestisce l’attività imprenditoriale. Il prossimo corso di Fairtrade sarà a Fiesole il 26 e 27 febbraio 2010 al costo di 160 euro.

PRIMI PASSI

Si deve aprire una partita Iva. Muniti della Partita Iva, poi, ci si deve rivolgere (come singolo, società o cooperativa) allo Sportello Unico del comune di competenza presentando il Modello COM 1, relativo all’Esercizio di commercio al dettaglio di vicinato, debitamente compilato. Una copia del Modello COM 1, corredata degli estremi dell’avvenuta ricezione da parte del Comune, va presentata entro 30 giorni al Registro delle Imprese della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (CCIAA ) della provincia di competenza dell’esercizio commerciale.

DOCUMENTI DA PRESENTARE

  • una fotocopia del documento in corso di validità;
  • la planimetria dei locali con evidenziata la superficie di vendita;
  • È prevista, inoltre, ove siano presenti nei locali macchinari fonte di rumore, una dichiarazione sull’impatto acustico ambientale;
  • Per cittadini extra Unione Europea anche una copia del permesso di soggiorno che consenta l’esercizio del lavoro autonomo.

Per chi apre una Bottega Equo solidale è previsto un sopralluogo da parte dei tecnici della Prevenzione del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) della ASL di competenza per verificare l’idoneità dei locali ed il rispetto delle norme sanitarie.

Un locale adatto a contenere un commercio Equo e solidale di solito deve essere di almeno 50 metri quadrati.

La prima fornitura di prodotti, che tendenzialmente si attesta sui 10mila euro, può essere richiesta ai grandi importatori come Equomercato, LiberoMondo, Altromercato e Equoland.
L’investimento iniziale di solito viene ammortizzato in 20-24 mesi, dopo si possono calcolare circa 20mila euro all’anno.