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mercoledì 09 luglio 2008

Giochi e Scomesse: raccolta record da 42 miliardi di euro

Lo scorso anno si è chiuso con una raccolta record, per il comparto Giochi e Scommesse, di 42 miliardi di euro, pari al 2% del Pil nazionale. A spartirsi la ricca torta sono state due imprese italiane quotate, Lottomatica e Snai, e una serie di società italiane ed estere. L’ultima società entrata nel mercato dei giochi e delle scommesse è Microgame, il primo service provider per il gioco a distanza, che ha raccolto nel 2007 circa 500 milioni di euro e ricavi per oltre 10 milioni.

Questo boom delle giocate sarebbe dovuto, secondo i Monopoli di Stato, alla progressiva emersione di un gioco prima illegale. La regolarizzazione delle ‘macchinette da videopoker’ sarebbe, infatti, alla base di questo successo. In 4-5 anni queste sono passate da zero alle 250 mila unità dell’anno scorso, producendo il 31,29% di tutte le entrate di giochi e scommesse e scalzando anche uno dei giochi più amati dagli italiani: il Lotto. Il gioco del Lotto, infatti, ha raccolto ‘solo’ il 24 % delle entrate. La regolarizzazione delle slot machine, avvenuta nel 2002, ha generato un vero e proprio boom. Nel 2003 queste macchinette fornivano 33 milioni di euro all’erario. Nel 2007 l’introito fiscale derivante dai videopoker era di 2,251 miliardi di euro.

Purtroppo la regolamentazione dei Videopoker non sembra aver aiutato lo smantellamento delle rete di sfruttamento mafioso e camorristico che da sempre lucra su questo settore. Il fenomeno che avanza è, invece, quello di società regolarmente costituite ed operanti alla luce del sole, ancora gestite da organizzazioni criminali.

In ogni caso l’erario ringrazia. Le entrate erariali derivanti dai giochi sono state, infatti, pari a 7,2 miliardi di euro (+ 7,1% rispetto al 2006).

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martedì 10 giugno 2008

Il fenomeno delle pompe bianche contro il caro petrolio

Il prezzo della benzina cresce a dismisura ed ogni giorno segnala un nuovo record storico. Una risposta per risparmiare e per cercare di affrontare il problema è il fenomeno delle “pompe bianche”, i distributori di benzina senza logo. Questi distributori “low cost” sono una realtà sempre più diffusa in tutta la penisola, anche se esistenti ormai da una decina di anni, che richiamano un numero sempre maggiore di clienti disperati.

Secondo le associazioni dei consumatori, delle 23 mila pompe in Italia, circa duemila sono quelle di proprietà di alcuni imprenditori privati che vendono carburante senza logo, a basso prezzo. “Noi siamo proprietari del distributore dal 1946, ma solo dal 1 gennaio del 2008 non abbiamo rinnovato il contratto con la Total – racconta, ad esempio Francesca Latini proprietaria del distributore Alfa Petroli di Villasanta – perché negli ultimi anni il prezzo del carburante è aumentato, ma il guadagno del gestore è rimasto lo stesso. A quel punto abbiamo deciso di provarci da soli e finora abbiamo avuto ragione: un incremento del 100% rispetto all’anno scorso con una media di 400 erogazioni in più al giorno”.

Le sigle di questi distributori “low cost” non sono molto conosciute: Daytona, Energia Siciliana, Alfa Petroli, Sodin e costituiscono il 5% del mercato totale dei carburanti nel nostro paese, ma, di questo passo, potrebbero iniziare ad impensierire seriamente le grandi catene distributive. Anche perché molto convenienti per il consumatore ed, altrettanto, per i benzinai, che sempre più spesso hanno le mani legate dalle multinazionali e, anche se, il prezzo della benzina sale, loro guadagnano meno. “In Italia, purtroppo – spiega Luca Squeri presidente della Figisc, la Federazione italiana gestori impianti stradali e carburanti – ci sono casi in cui nello stesso bacino d’utenza la stessa grande compagnia di appartenenza (Esso, Agip, Shell… solo per citarne alcune) impone prezzi diversi ai gestori creando delle discriminazioni oggettive. Nel caso dei distributori low cost, invece, il prezzo è legittimato dal proprietario che salta tutti i passaggi: marketing, stoccaggio, pubblicità e riesce ad essere competitivo”.

L’elenco delle pompe bianche è consultabile sia sul sito della Federconsumatori (www.federconsumatori.it) sia su quello del Codacons (sul sito dell’associazione si possono trovare le indicazioni per richiedere il file completo con i nominativi dei distributori low cost divisi per regione).

martedì 03 giugno 2008

British Airways: difficilmente Alitalia può sopravvivere

La situazione dell’Alitalia ha tenuto banco anche all’annuale assemblea dell’associazione delle compagnie aeree Iata (The Air Transport Association), appena conclusasi ad Istanbul. Anche se l’amministratore delegato e direttore generale di Iata, Giovanni Bisignani ha messo le mani avanti replicando alle domande insistenti dei giornalisti sulla possibile bancarotta di Alitalia, di non voler parlare di casi specifici, ha, però, preso le distanze da chi pensa ad una soluzione locale per la compagnia aerea italiana. “In queste situazioni un progetto stand alone è impossibile da sostenere – ha, infatti, affermato Bisignani. Bisogna andare avanti con la ristrutturazione, deve essere perseguita con impegno la collaborazione internazionale”.

L’amministratore delegato di British Airways, Willie Walsh, ha invece dichiarato, in un colloquio a margine dell’assemblea, che “difficilmente (Alitalia) può sopravvivere”. Secondo Walsh, l’intervento del governo italiano in aiuto di Alitalia, con 300 milioni di euro, non sia legittimo: “penso che non sia giusto che il governo italiano dia sostegno finanziario ad Alitalia, non sono d’accordo. Credo che la Commissione Europea debba assumere una posizione netta e chiara. Penso che la situazione di Alitalia richieda che sia la stessa Alitalia a doverla affrontare“. Bruxelles  – ha infine aggiunto – “deve prendere una posizione forte per avere credibilità non solo in Europa, ma in tutto il mondo. E questo significa che le possibilità di sopravvivenza per Alitalia sono molto basse”.

Stessa linea anche per Bisignani che ha ribadito come la posizione di British Airways risponda ad “un sentimento molto diffuso tra tutte le compagnie aeree”.  Bisignani paventa anche la possibilità che se “la situazione finanziaria della compagnia precipitasse, Alitalia verrebbe esclusa dal sistema Iata. Una cosa che, nel caso, faremo in modo estremamente rapido: anche parlando con Bruxelles avevamo valutato che poteva essere questione di settimane. Poi è intervenuto il governo e ha dato ossigeno: sarà Bruxelles a valutare se questo intervento è stato corretto”.

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martedì 13 maggio 2008

L'Italia tiene grazie a Opec, Usa e Efta

Contro tutte le aspettative i conti italiani con l’estero continuano a tenere e non cedono nonostante il costo maggiore del petrolio e del gas. Nel primo trimestre 2008, il deficit tra le esportazioni e le importazioni nei confronti dei paesi extra europei è stato uguale a quello segnato nello stesso periodo dell’anno scorso e cioè – 6,9 miliardi di euro. In quel periodo il prezzo di un barile di petrolio era di 58,6 dollari contro i 96,5 (+ 64%) attuali mentre il dollaro valeva 1,31 ed ora, con il supereuro, 1,49 in media di trimestre (13%) . Nonostante tutto questo, e la crisi dei mutui subprime che ha investito gli Stati Uniti, il saldo dei nostri conti con i paesi posti al di fuori dell’Unione Europea, è rimasto stabile. Sembra siano alcune determinanti strutturali a far reggere l’Italia in questo particolare equilibrio e consentono ai conti con l’estero di tenere.

Il primo fattore che contribuisce a questo andamento positivo è sicuramente costituito dal fatto che il maggior esborso monetario che il nostro paese deve pagare ai paesi da cui compriamo energia viene controbilanciato dalle maggiori esportazioni italiane verso quelle aeree. La Repubblica, nell’inserto Affari e Finanze, fa un esempio che chiarisce questo concetto:

Nel caso dell’OPEC, le importazioni italiane dal cartello dei paesi produttori di petrolio sono aumentate dagli 8,1 miliardi di euro del I trimestre 2007 ai 10,3 miliardi di euro dei primi tre mesi di quest’anno. Contemporaneamente, però, anche le esportazioni italiane verso i paesi OPEC sono cresciute in maniera significativa, da 3,7 a 4,6 miliardi di euro. Per ogni 100 euro di import in più, 41 euro sono riaffluiti in Italia nella forma di maggiori acquisti di merci italiane da parte di residenti nell’OPEC”.

Un secondo fattore può essere indicato nella tenuta dell’eccedenza bilaterale nei confronti degli Stati Uniti. Le esportazioni italiane negli Usa sono migliorate nel trimestre 2008 (2.948 milioni di euro) rispetto ai 2.767 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente dimostrando come la predilezione del made in Italy non sembra venir meno nei consumatori americani.

Il terzo fattore, che contribuisce a non far cadere l’Italia, è costituito dalla crescita degli avanzi che l’Italia riesce a raccogliere con gli acquirenti siglati dall’Istat Efta (tra i quali la Svizzera), con quelli cosiddetti Eda (Economie dinamiche dell’Asia) e le economie che l’Istat ha siglato come quelle di “Altri paesi europei” (dalla Croazia, all’Ucraina, all’Albania).

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lunedì 05 maggio 2008

Il Codacons vuole 20 miliardi per i redditi online

Il Codacons, insieme all’Associazione Utenti Servizi Finanziari, si è costituita parte offesa davanti al Pm della procura di Roma, che sta indagando sulla vicenda dei redditi 2005 online e che ha aperto un’indagine per violazione delle norme penali sulla privacy. La richiesta di risarcimento danni ammonta a 20 miliardi di euro da distribuirsi tra i 38 milioni di contribuenti i cui redditi sono stati messi in rete, pari a 52 euro per ciascuno. Nell’istanza viene richiesto anche il sequestro degli elenchi posseduti, fino all’oscuramento dei siti che ancora ne rendono disponibile la consultazione o che li offrono a pagamento o in visione gratuita.

Il Codacons, che ha nominato l’avvocato Claudio Coratella per la difesa dei diritti dei contribuenti, ha diffuso un decalogo per specificare quando la distribuzione di una denuncia dei redditi non costituisce un reato. Carlo Rienzi, presidente del Codacons, ha specificato come il Consiglio di Stato, attraverso diverse pronunce, abbia sempre definito esattamente il lecito e l’illecito nella materia in esame. “Laddove si tratti di redditi di soggetti che in vario modo sono alimentati da danaro pubblico o comunque destinati a finalità pubbliche – ha infatti chiarito – è sicuramente ammissibile l’accesso alla denuncia dei redditi e la sua pubblicazione. Ad esempio tutti i redditi degli addetti e dirigenti pubblici, compresi i componenti degli organi elettivi come Comuni, Regioni, Camera e Senato, pagati con danari dei cittadini sono accessibili a chi ne faccia richiesta. Lo stesso per i dirigenti degli enti pubblici, e delle società concessionarie come la Rai , Ferrovie, Acea, Poste e di qualsiasi altro ente che eroghi un servizio pubblico universale pagato dai cittadini o con una parte dei danari dei cittadini”.

“E altrettanto accessibili sono le denunce dei redditi quando esse servono al cittadino per difendersi in giudizio – ha poi proseguito – come ad esempio il coniuge che intende fare causa all’altro coniuge ha diritto a vederne la denuncia dei redditi ai fini di ottenere dal Giudice una giusta sentenza circa gli obblighi di mantenimento della famiglia. In pratica chi vuole mettere il naso negli affari altrui deve avere un interesse qualificato e concreto, come stabilisce l’art. 25 della legge 241/90, e deve in ogni caso lasciare traccia della sua domanda di accesso e del suo interesse. Ciò anche ai fini della responsabilità che su di lui incombe ove il dato venga diffuso a terzi per sua colpa”.

È invece “da escludersi” la possibilità di pubblicare tutte le denunce dei redditi su internet in modo generalizzato, e “ciò innanzitutto perchè tale pubblicazione – ha concluso Rienzi – non garantisce più né sui soggetti che ne vengono in possesso, né sul rispetto dei limiti temporali della pubblicità degli atti”.

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