Brand Girl è un nuovo sito (il cui lancio è previsto verso la metà del 2009) che si promette di mettere in contatto le imprese ed i marchi produttori e i consumatori.
Una newsletter mensile, oltre agli articoli pubblicati sul blog, si occuperà di tenere in costante aggiornamento i suoi iscritti circa le ultime novità di prodotto in termini di stile, benessere, arredamento, tecnologia e viaggi. Questo sarà possibile perchè i produttori partner manderanno a Brand Girl campioni ed esempi dei nuovi prodotti, i quali verranno recensiti sul blog . I lettori potranno quindi, oltre a commentare le varie recensioni, partecipare a concorsi che metteranno in palio i prodotti stessi. Per finire, un tocco “etico”: i vincitori dei prodotti potranno infatti scegliere se tenere per sè i premi vinti oppure donarli in beneficienza.
Un’idea questa che si propone di uscire dai tradizionali meccanismi promozionali (in grande affanno oggi) e di sfruttare le potenzialità del web e delle sue comunità. Dal punto di vista delle aziende rappresenta un’interessante opportunità a basso costo per fare promozione in maniera diversa. Per avere successo però, il blog (che si rivolge ad un target specifico, quello delle donne) dovrà essere in grado di risultare autorevole circa le recensioni e di sviluppare una community di utenti sufficientemente ampia ed attiva. Staremo a vedere…
Filed under: Senza categoria — daniele.bellomo @ 10:22
Commenti disabilitati su Brand Girl, il blog che mette in contatto imprese e consumatrici
Non c’è nessuna donna italiana da tenere d’occhio nel 2007, tra le prime cinquanta manager nel mondo, secondo la classifica stilata dal prestigioso Wall Street Journal. Non che la cosa stupisca, vista la difficoltà delle donne italiane ad emergere e a rompere il famoso glass ceiling. L’elenco redatto ogni anno dal quotidiano riunisce le donne che più si sono contraddistinte nelle imprese, nella finanza e nell’economia a livello mondiale e per questo non devono assolutamente essere perse di vista. Il WSG compila inoltre una classifica con le prime dieci manager in Europa. Ma, anche in questa cerchia ristretta, e a noi più famigliare, non compaiono nomi italiani.Nel 2006 si erano piazzate ,al 43esima tra le “50 Women to watch” Frida Giannini (nella foto), subentrata lo stesso anno a John Ray, nel ruolo di direttore creativo della maison Gucci , e, nella speciale classifica europea, Silvana Armani, creativa dell’omonimo gruppo e Laura Ferro, presidente ed amministratore delegato della Genitum, azienda biofarmaceutica. Nel 2005, invece, le uniche italiane classificate furono Miuccia Prada, nella lista mondiale, e Patrizia Micucci, la managing director di Lehman Brothers, in quella europea.
Filed under: Senza categoria — alessandra @ 16:48
Poche donne nel consiglio di amministrazione delle società italiane. Non è una novità ma gli ultimi dati confermano ulteriormente la situazione. Secondo i dati di Noreena Hertz, direttrice associata del
Centre for International Business dell’Università di Cambridge le donne non sono assolutamente rappresentate equamente nei consigli di amministrazione. Ad aggiudicarsi il primo posto per il numero di donne su 100 è la
Svezia con 22 rappresentanti di sesso femminile, seguita da
Danimarca a quota 18 e
Gran Bretagna 11. Subito dopo
Germania e
Paesi Bassi con
7 donne su 100. Nelle ultime posizioni si piazza l’
Italia con un insufficiente e misero
2.Se si va a controllare i consigli di amministrazione delle grandi società italiane poi, l’amarezza e la consapevolezza di perdere l’ennesima occasione di riscatto cresce a dismisura. Nel CdA della
Fiat si registra uno zero su quindici, nel Consiglio di sorveglianza di
IntesaSan Paolo una sola donna su diciannove persone, in
Finmeccanica nessuna donna. Se poi si vanno a controllare le diciassette società operanti nel settore tessile – abbigliamento – accessori il dato è dir poco sconfortante: su 142 posti di amministratore disponibili solo otto sono occupati da donne. E questo non è tutto. Di queste solo
Sabina Grossi di
Luxottica non fa parte della famiglia che controlla l’azienda.
Eppure questa mentalità tutta italiana (ma non solo, diciamo quasi latina) non giova di certo alla nostra economia. Uno studio sull’andamento delle 500 principali società americane nel periodo di tempo 2001-2004 mostra come la relazione, tra la percentuale di donne nel consiglio di amministrazione e le performance economiche, sia di segno positivo. Questo dimostra che le aziende guidate dalle donne hanno rendimenti del capitale netto migliori e generano un valore azionario maggiore se confrontate con aziende con un Cda prettamente maschile.
Un altro esempio è il caso della Norvegia dove, dal gennaio 2006, le società quotate in Borsa sono obbligate a riservare alle donne una parte dei posti di amministratore. L’obiettivo è quello di raggiungere quota 40% entro due anni. Ad inizio giugno 2007 più della metà delle società quotate hanno raggiunto la soglia di legge passando dal 38% di marzo al 55%. Tenere le donne fuori dalle stanze dei Cda non può che rendere più solida la natura chiusa dei centri decisionali ed è inconciliabile con una buona gestione dell’azienda.
Filed under: Senza categoria — alessandra @ 14:39