Archivi: febbraio 2008

giovedì 28 febbraio 2008

Microcredito: continua la crescita esponenziale

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Dal 1997 al 2006 i clienti che usufruiscono del microcredito sono decuplicati passando da 13 milioni a 133 milioni. Il microcredito è uno strumento innovativo ma molto semplice di sviluppo economico che permette alle persone prive di mezzi ed emarginate, attraverso il prestito di piccole cifre, di cambiare la propria vita ed avviare attività commerciali in grado di renderli autosufficienti e di mantenere economicamente la propria famiglia. L’idea del microcredito nasce grazie al lavoro della Grameen Bank, la “banca villaggio” fondata nel 1974 da Muhammad Yunus in Bangladesh. Yunus era capo del programma economico rurale dell’università di Chittagong e dopo aver viaggiato con i propri studenti nelle zone più povere del paese, capì che si doveva fare qualcosa per cambiare la situazione di indigenza in cui vivevano queste persone. Per prima cosa Yunus prestò 27 dollari ad un gruppo di donne che confezionavano cesti. In questo modo le donne poterono aumentare la produzione e quindi gli introiti e furono in grado di restituire la somma. Da qui prese il via l’esperienza della Grameen Bank e del microcredito di cui ora grandi istituzioni come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e le Nazioni Unite hanno riconosciuto l’enorme potenzialità del microcredito nella lotta alla povertà.

La forza di questo tipo di credito risiede nella possibilità delle persone povere di accedere a prestiti bancari che sarebbero loro negati, a causa dell’assenza di garanzie reali e alle dimensioni ridotte delle loro microattività, dalle banche tradizionali. Non si deve però dimenticare che il sistema funziona anche per il fatto che c’è un ritorno economico altresì per le associazioni di microfinanza. I tassi di interesse dei microcrediti non sono affatto bassi anzi, si attestano attorno ad un 3 per cento mensile ed oltre il 30 per cento annuo. “Controllare i piccoli prestiti di tante persone – chiarisce Laura Vigano, direttrice del Master in microfinanza dell’Università di Bergamo – comporta costi altissimi e ricavi molto bassi. Senza questi tassi, le organizzazioni fallirebbero. Il personale delle associazioni segue i clienti da vicino, analizza il progetto prima e dopo gli fa visita durante l’attività quasi ogni giorno”. In pratica le spese di gestione di una rete così capillare e costante giustificherebbero i costi elevati. Le cifre di cui stiamo parlando si aggirano in media tra i 50 e i 400 euro, una somma per noi irrisoria ma per le popolazioni di paesi del terzo mondo in grado di cambiare la vita.

Il potenziale del microcredito, sotto l’aspetto del business, ha iniziato ad interessare anche il mondo della grande finanza. In una ricerca pubblicata qualche tempo fa dalla Deutsche Bank emerge che ci sarebbe un vuoto di mercato di 250 miliardi di dollari da riempire con il microcredito. Citigroup, Dexia, Morgan Stanley, Credit Suisse, Deutsche Bank, Commerzbank stanno già investendo nella microfinanza nei paesi in via di sviluppo.

Le associazioni di microcredito distribuite nei paesi più poveri sono 3.100 consultabili sul sito www.microcreditsummit.org
Tra le organizzazioni di microfinanza presenti nei paesi industrializzati si possono citare:

lunedì 18 febbraio 2008

Marketing virale, una strategia pubblicitaria non convenzionale

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L’accezione positiva del termine virus, assai molto rara, si riscontra nell’associazione delle parole Marketing e virale e in tutto quello che questi due termini stanno a significare insieme. Il marketing virale (o viral marketing) è un tipo di strategia pubblicitaria non convenzionale, capace di sfruttare la forza comunicativa del passaparola. Pochi soggetti interessati a trasmettere un messaggio su un determinato prodotto sono in grado di propagarlo in maniera esponenziale, alla pari di un virus, e effettivamente a costo zero.

Il marketing virale è, in pratica, un tipo di marketing fatto con pochi soldi ma che produce effetti grandiosi ed insperati sfruttando la potenza dei nuovi network sociali e della Rete. Una forza propulsiva che viene dal basso, dal consumatore che non si accontenta più di quello che dicono i tradizionali media, ma preferisce il parere di qualcuno che ha provato il prodotto ed è pronto a garantire per la sua qualità. Oppure si manifesta come un’evoluzione del passaparola ma pilotato dalle stesse aziende che lo considerano una strategia di promozione della campagna pubblicitaria.

Il passaparola, alla base del marketing virale, è stato definito il più potente strumento di comunicazione del mondo, ma anche il più sconosciuto. I suoi effetti positivi sono evidenti ma difficilmente quantificabili e le dinamiche che lo governano sono di difficile comprensione: a volte coglie le aziende alla sprovvista perché sorge spontaneamente dai consumatori, altre volte invece cresce a dismisura surclassando ogni più ottimistica previsione e altre volte ancora degenera creando effetti collaterali indesiderati. Il tutto è ulteriormente ingigantito dalle nuove tecnologie digitali.

Le origini del marketing virale affondano negli Stati Uniti, e precisamente il 4 luglio 1996, quando Jack Smith e Sabeer Bathia ebbero l’intuizione giusta e lanciarono Hotmail, il servizio di posta elettronica gratuito che in pochi mesi riuscì a creare milioni di nuove iscrizioni ed ancora oggi, è uno dei siti più visitati del mondo. Il fatto che siano diventati leader nei servizi e-mail è stato proprio per una strategia di viral marketing adottata in fase di start-up. Il testo che veniva inviato a parenti ed amici in calce alla mail spedita recitava, infatti: “Get your private free email from www.hotmail.com (Ottieni la tua casella e-mail privata e gratis con www.hotmail.com)”. L’originalità di questa idea è stata la forza di Hotmail ed è la forza del marketing virale: ogni utente spedendo messaggi a centinaia di persone ha fatto un’incredibile pubblicità involontaria al sito, anche perché chi garantiva, il testimonial era totalmente credibile. Lui utilizzava un ottimo servizio di mail gratis e veloce e lo proponeva – in maniera inconsapevole – ai suoi conoscenti.

Per saperne di più:

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mercoledì 06 febbraio 2008

Microsoft cerca di strappare a Google Yahoo! e la pubblicità su web

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La Microsoft ha dato l’ultimo affondo, con l’offerta record di 44,6 miliardi di dollari per l’acquisizione di Yahoo!, nel tentativo di contrastare il potere incredibile di Google nel settore dei motori di ricerca. E soprattutto sta cercando di non lasciarsi sfuggire la possibilità di accaparrarsi una fondamentale fetta di mercato in quella cava d’oro che è la raccolta pubblicitaria sul web. “Il mercato della pubblicità on line – spiega la nota diffusa da Microsoft – sta crescendo molto velocemente, da più di 40 miliardi di dollari nel 2007 a circa 80 miliardi nel 2010”. Il doppio in appena tre anni. Ed in questo momento – continua la nota della casa di Redmond – “questo mercato è sempre più dominato da un solo attore”. Il riferimento a Google è più che scontato dato che il leader mondiale dei motori di ricerca detiene il 75% dei clienti nella ricerca su Internet.

Microsoft adduce, nella sua strenue difesa all’ottenimento del controllo di Yahoo!, anche al problema della concorrenza. Nella lettera inviata al management di Yahoo! per cercare di convincerlo ad accettare l’offerta, lo chief executive del gruppo di Redmond, Steve Ballmer, sottolinea come sia evidente la nascita di un Godzillamonopolista. Il responsabile legale di Microsoft, Brad Smith ha esplicato il concetto mettendo in evidenza come le “offerte alternative possono emergere” ma qualsiasi manovra da parte di Google di accaparrarsi Yahoo! andrebbe incontro ad “ostacoli insormontabili da un punto di vista dell’antitrust. Diverse società possono avere un interesse. Ma ce n’è una che non può farlo: è Google”. Microsoft deve avere compreso finalmente i meccanismi della concorrenza sul web dopo che per decenni è stata lei nel mirino delle autorità antitrust sia americane che europee.

Ma non sono solo questi i motivi che hanno spinto Gates e Ballmer a fare una mossa così azzardata, senza precedenti nella storia del mercato del web. Con tutta probabilità Microsoft teme che Google, riuscendo ad acquisire Yahoo!, conquisti una posizione chiave e una forza quasi imbattibile nel mercato che potrebbe permettergli di conquistare i business in ascesa. Inoltre questa mossa dovrebbe consentire a Microsoft, almeno secondo l’opinione e la speranza del suo ad, di trasformare l’attività Internet, attualmente in perdita, in un pilastro della compagnia.

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